Lavoro

Quiet Quitting: perché aumentano le dimissioni?

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È capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di mettere il pilota automatico e pensare di ridurre al minimo gli sforzi senza impegnarsi del tutto in quello che si stava facendo, soprattutto a lavoro. Niente paura! In realtà, è una cosa piuttosto comune che ha anche un nome: Quiet Quitting!

Quiet… che?

Con il termine Quiet Quitting, letteralmente “smettere di lavorare”, si  indica  la tendenza a lavorare il necessario, rifiutandosi di fare straordinari, di aderire a progetti o assumersi responsabilità che non rientrano strettamente nell’orario di lavoro e nelle mansioni indicate sul contratto.

Sarebbe più corretto parlare, dunque, di uno smettere di lavorare silenzioso

Il Quiet Quitting è un fenomeno sempre più diffuso; basti pensare che nel 2022 è aumentato del 22%. La locuzione “Quiet Qutting” nasce su TikTok, dove l’hashtag #quietquitting ha raggiunto in poco tempo 8,2 milioni di visualizzazioni. Al di là dei social, il Quiet Quitting, è una tendenza che si registra da qualche anno anche tra chi non l’ha mai sentita nominare e anche tra chi non utilizza TikTok. Partendo dagli Stati Uniti è oggi arrivata anche in Italia, spopolando tra i lavoratori che hanno un’età media che va dai 35 ai 45 anni.

In particolare, in un sondaggio svolto da YouGov su un campione di mille impiegati, il 56% degli intervistati non aveva mai sentito parlare di quiet quitting e, tra il restante 44%, c’erano opinioni discordanti sul significato dell’espressione.

Come si manifesta il Quiet Quitting?

Per capire se il Quiet Quitting è in atto, in noi o nei nostri colleghi, possiamo individuare dei comportamenti ricorrenti che potrebbero segnalarlo. Tra questi abbiamo: 

  • Partecipazione passiva: il lavoratore smette di proporre idee, di cercare o creare nuovi stimoli, di mettere nel lavoro che fa la sua parte più creativa. Si limita semplicemente a svolgere compiti basilari.
  • Disimpegno cronico: se il lavoratore può evitare di fare qualcosa lo fa senza farsi scrupoli. Non ha più alcuno stimolo e questo lo porta ad essere un automa.
  • Isolamento dagli altri membri del team: il suo disimpegno e la sua passività lo portano a non condividere più gli ideali dei suoi colleghi e a non riconoscersi più in ciò che unisce il team.
  • Aumento del carico di lavoro per i colleghi: il quite quitter ha la tendenza a scaricare il suo lavoro sugli altri, non preoccupandosi minimamente delle sue responsabilità.

Quali sono le cause del Quiet Quitting?

Il fenomeno del Quiet Quitting può essere letto in due diversi modi: da un lato c’è un rifiuto da parte dei lavoratori a fare più di quello che c’è scritto nel contratto, dall’altro può essere visto invece come la volontà di bilanciare meglio vita privata e lavoro. Principalmente, quindi, si tratta sempre di mancanza di benessere sul luogo di lavoro.

I cinque motivi che portano ad accusare tale malessere sono:

  1. Poca comprensione da parte del capo: oggi, sono sempre meno i dirigenti che sono disposti ad ascoltare le esigenze dei lavoratori. Risulta molto difficile scendere a compromessi e ad andare incontro ad esigenze che spettano loro di diritto.
  1. Poco coinvolgimento in attività aziendali: Secondo il report 2022 State of global workplace di Gallup solo il 14% dei dipendenti in Europa può essere ritenuto davvero coinvolto nella propria attività lavorativa. La tesi della Harvard Business Review è quindi che la diffusione del fenomeno ha molto a che vedere con un fallimento dei manager nel conciliare gli obiettivi aziendali col benessere individuale e collettivo dei propri dipendenti. 
  1. Orari di lavoro stressanti: inizia a diventare faticoso, soprattutto per i lavoratori d’ufficio passare 10 ore nello stesso luogo con pochissime possibilità di fare attività che possano scaricare la mente.
  1. Poco tempo per dedicarsi agli interessi personali: se la giornata lavorativa termina intorno alle 18:30\19:00, soprattutto in inverno con le giornate più corte, diventa impossibile godere della natura, di qualche sprazzo di sole, di un po’ di aria fresca senza che il corpo ne risenta a causa del freddo.
  1. Pandemia: il Covid ha scandito un nuovo ritmo nelle nostre vite per due anni e mezzo. A causa della quarantena obbligatoria ci siamo resi conto di quanti hobby abbiamo messo da parte e di quanto sia bello ritrovare il contatto con noi stessi grazie a delle attività ormai dimenticate. I lavoratori reclamano tutto ciò. 

Quali sono le conseguenze della mancanza di benessere sul posto di lavoro?

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La situazione attuale, in Italia, sembra essere molto critica. 7 lavoratori su 10 hanno accusato disturbi come depressione, insonnia, cefalee acute con gravi ripercussioni sulla loro salute psicofisica (leggi qui quali sono le conseguenze).

Non stupisce, infatti, che nel 2022 ci sia stato un boom di dimissioni: sono state 1,66 milioni le persone ad aver lasciato il lavoro (il 35% in più rispetto al 2021). In Italia, questo fenomeno ha preso il nome di Grandi Dimissioni: l’esodo dei lavoratori con contratto a tempo determinato o indeterminato.

Le motivazioni che hanno spinto così tante persone a cambiare sono una serie di richieste e di bisogni, ad esempio: 

  • Avere maggiore tempo libero;
  • Avere un compenso adeguato al periodo storico, senza dover rinunciare al proprio tempo libero per fare gli straordinari;
  • Voler essere ascoltati.

Per quanto riguarda invece i licenziamenti, Layoffs ha calcolato che, nel 2022, sono stati circa 152.000 dipendenti ad essere licenziati da oltre 1.000 aziende. Tra i motivi c’è principalmente il picco verso il basso delle prestazioni dei lavoratori.

Come arginare il fenomeno del Quiet Quitting?

E se il Quiet Quitting non fosse necessariamente un qualcosa di negativo? In fin dei conti, i lavoratori hanno semplicemente iniziato a fare solo ed esclusivamente quello che c’è scritto sul contratto.

La cosa che in realtà preoccupa maggiormente è quando il Quiet Quitting si trasforma in dimissioni. Questo, infatti, significa vanificare il tempo e le risorse che un’azienda ha impiegato per formare un nuovo dipendente. Avere un altro turnover genera scompiglio perché non è semplice formare i lavoratori, reinserirli in un team, definire i ruoli e le strategie aziendali.

Partiamo da un presupposto: il grado di soddisfazione aumenta se i dipendenti si sentono supportati e incoraggiati.

Ecco, allora, quattro consigli:

1. Riconquistare i demotivati: con una conversazione significativa sulle aspirazioni future e i desideri di ognuno, i lavoratori si sentiranno più stimolati e coinvolti. Inoltre, l’azienda dovrebbe pensare a delle attività di varia natura per coinvolgere le proprie risorse affinché si sentano più stimolate.

2. Investire nel benessere delle persone: se i dipendenti vedono il lavoro come una componente in grado di contribuire positivamente alla qualità delle loro vite saranno più ben disposti a dare il proprio contributo, ad aiutare i membri del team e a condividere con l’azienda la loro creatività.

3. Migliorare la fedeltà: se i dipendenti percepiscono che il datore di lavoro si occupa concretamente del loro benessere, della loro crescita professionale e dei loro  interessi, si sentiranno immediatamente più motivati a restare in azienda e a dare il meglio di sé. Questo atteggiamento permetterà di creare legami umani, oltre che lavorativi, e di accrescere la stima e la fiducia tanto nel capo quanto nel progetto comune.

4. Evitare il burnout: il quiet quitter non è necessariamente una persona che coscientemente decide di “non andare oltre”. In molti casi si tratta piuttosto di  qualcuno che ha tirato troppo la corda fino ad arrivare all’esaurimento fisico e mentale. I numeri parlano chiaro: 8 quiet quitter su 10 sono addirittura arrivati al burnout. Il quiet quitting si presenta perciò come una scappatoia  per i dipendenti stressati, oberati e che ricevono poca o nessuna gratificazione. 

Conclusioni

Adottare soluzioni mirate all’inclusione e al benessere di dipendenti può fare davvero la differenza. Gli effetti negativi che il quiet quitting può generare vanno affrontati, dunque, in modo concreto. Le aziende che vorranno distinguersi dalla concorrenza dovranno investire in questa direzione, promuovendo un ambiente di lavoro sereno, positivo e soprattutto basato sulla valorizzazione del talento.

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